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SE L'IDEA E' ARTE

 

     Gino Carpi     

     

Occorre cambiare anzi si deve cambiare, sono in molti a pensarlo. Tra le  priorità delle cose da cambiare qualcuno pensa che vi sia l’incontrollabile condizione culturale della visione del mondo legata al rapporto del sé con gli altri, del sè con le cose e con la natura, condizione spesso manipolata da un sistema troppo votato all’utilitarismo personale ed all’omologazione generale.  Quindi,  per cambiare la visione del mondo,  bisogna riconquistare il rapporto con sé stessi.  E questo lo sa bene Sabrina Di Mercurio che raccatta i pezzi di ciò che resta di un passato appena trascorso,  per rimetterli al loro posto o trasformarli nelle metafore visive di un  mondo nuovo per il quale ne propone originali progetti, partendo, appunto, da sé stessa e dalla sua quota di ricerca della libertà, essendo certi che questa è ancora un valore da conquistare.

Etichette e conformismi non rientrano nei programmi  di Sabrina Di Mercurio che con i suoi lavori vuole in tutti i modi  superare il confine dell’ovvietà e della monotonia, causa principale dello stato aberrante delle cose. Il suo lavoro è un cantiere aperto ai ritagli della fantasia e dei sogni dentro cui addentrarsi per cercare o scoprire una propria dimensione tra geometrie, linee e colori di un nuovo immaginario ricostruito nei simboli e nei prodotti della nostra cultura.

Il gioco del collage non è nuovo nell’universo dell’arte, anzi è una pratica artistica molto antica che esiste da quando esiste la carta, materia prima della comunicazione, ma furono i protagonisti della sperimentazione visiva che agli inizi del Novecento ripresero il collage inserendolo nel proprio linguaggio espressivo: Braque e Picasso, i Futuristi, Dada, Bauhaus, i Costruttivisti e le Avanguardie Russe, Max Ernst, Hannah Höch che insieme a  George Grosz, John Heartfield e Raoul Hausmann, accolsero anche la Fotografia nel proprio tagliuzzare, ed è in questa corrente di pensiero che prende forma il lavoro di Sabrina Di Mercurio, oggi senza guerre mondiali e  dittatori da svergognare (almeno nella nostra parte di mondo) ma con tante altre realtà da riordinare. 

Il lavoro nella pratica attuale non è più materico, non si ritaglia e non si incolla più niente, ma l’Artista attinge virtualmente ai pezzi immateriali del mondo delle idee per  dare forma alla sua realtà originale attraverso lo strumento paradossalmente simbolo dell’omologazione per eccellenza: il telefonino. Questo è il suo studio, il l suo laboratorio e la sua officina.  Fotografa, disegna, modifica e plasma la sua dimensione digitando e rifilando idee, sogni ed esperienze di una nuova arte che in quanto tale è tutta da scoprire. 

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