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TEMPLI nel TEMPO

/della fotografia

TEMPLI nel TEMPO

 

di Gino Carpi

 

 

    

La mostra presenta un percorso visivo e storico della fotografia concentrata sui templi della Magna Grecia, attraverso le immagini dei fotografi che le hanno realizzate dai primordi della fotografia fino ai nostri giorni, in piena era digitale. Un’occasione unica per osservare da vicino il lavoro dei fotografi pionieri della moderna scoperta, immediatamente successivo alla storia dei viaggiatori che già da qualche secolo frequentavano la nostra Isola e i siti archeologici dei templi della Magna Grecia, di cui il Sud Italia risultava esserne ricco. La Fotografia in Sicilia nel XIX secolo costituisce il naturale prosieguo di quello che era stato il patrimonio iconico dei viaggiatori dei Grand Tour del XVIII secolo e della prima metà del XIX.

Sono in mostra le stampe originali di famosi fotografi dell’Ottocento, come gli Alinari di Firenze o il nostro corregionale Giuseppe Incorpora di Palermo, sul ricorrente tema dei “Templi”, icone regionali che caratterizzano il nostro patrimonio storico e paesaggistico, un unicum di concentrazione di siti archeologici i cui nomi suonano familiari in tutto il mondo: Agrigento, Segesta, Siracusa, Selinunte. Proprio su Selinunte il fotografo castelvetranese Giuseppe La Colla propone, in un proseguimento storico temporale della mostra, una ricerca sul sito realizzata dagli anni 90 ad oggi. La ricerca è caratterizzata dall’uso delle due tecnologie fotografiche principali, l’analogica e la digitale, di cui il fotografo La Colla ha potuto avvalersi nella realizzazione dei suoi lavori. Rispetto al ricorrente “seppia” della foto d’epoca, la gamma cromatica delle immagini di La Colla offre contrasti e dominanti-colore tipici della pellicola a rulli che nella cronologia della mostra rappresentano l’icona fotografica degli anni ‘’80/’90 ben diversi dalle stampe ottocentesche ottenute da negativi bianco/nero su lastra di vetro di grande formato. Sempre di Giuseppe La Colla sono le rare e originali stampe bianco e nero ottenute da negativi sensibili alle radiazioni infrarosse, una tecnologia fotografica che, nonostante fosse, nel suo nascere, destinata ad usi scientifici, non pochi fotografi, come La Colla, l’hanno invece utilizzata per finalità creative come quella in mostra, in cui i templi sembrano vivere in un’atmosfera rarefatta, filtrati da una surreale gamma di radiazioni luminose.

La mostra è ancora valorizzata dalla presenza di una stampa originale, di grande formato, del fotografo Mimmo Jodice, egli stesso icona della storia della fotografia italiana, tratta da un suo lavoro sui paesaggi del Sud Italia, realizzato intorno agli anni ‘90. 

Infine, la creatività digitale simbolo dell’attuale evoluzione della fotografia, è rappresentata in mostra da tre fotografie “digit” dell’artista siracusana Sabrina Di Mercurio. L’artista è presente con alcuni scatti, nello stile della sua produzione “Smartphone-Art”, già nota ai frequentatori di Fototeca Siracusana per i suoi photoblend, questa volta dedicati alle colonne della Magna Grecia.

8 - 24 settembre 2017

Il ritorno di Empedocle a Selinunte:

la peste e l’armonia

 

Marginalia sull’opera fotografica di Giuseppe La Colla

di Paolo Cusumano - Castelvetrano (TP)

 

   

“Scoppiata una pestilenza fra gli abitanti di Selinunte per il fetore derivante dal vicino fiume, sì che essi stessi perivano e le donne soffrivano nel partorire, Empedocle pensò allora di portare in quel luogo a proprie spese (le acque di) altri due fiumi di quelli vicini: con questa mistione le acque divennero dolci. Così cessò la pestilenza” (Diogene Laerzio, VIII, 70).

     

Selinunte, innesto di Grecia Antica edificato nella Sicilia sud occidentale, è una sponda di mare che anela l’Africa e che fronteggia il Mediterraneo. Templi, Santuari, fortificazioni, reticoli urbani, epigrafi e metope scolpite ne narrano ancora la storia. Si possono scegliere diverse prospettive per osservarla dall’interno: la mia preferita è di fronte alla Torre di Polluce, dove gli occhi si perdono nella contemplazione del golfo, nel tormento di piccoli gorghi, nelle inquiete correnti che talvolta tradiscono l’estate. Lì puoi respirare l’aroma aspro del mare, sentire una brezza salina, inebriarti delle esalazioni del flutto bianco. I piedi possono strisciare sul manto di luce e pietra dei tenaci resti dei templi, fino a sfiorare le tessere bianche del mosaico di Tanit. Questo posto, dopo un alternarsi di gloria e decadenza, fu annichilito da un sisma e abbandonato per sempre. Della sua grandiosità ne restano le vestigia.

     Sedimentazione e dissoluzione, costruzione e decostruzione, cristallizzazione e mutamento sono solo alcune delle dicotomie che emergono quando ci si accosta al grumo archeologico, architettonico e naturalistico che è l’odierna Selinunte. Fra i suoi confini la bussola interpretativa oscilla, le vestigia del passato stridono con la disorganizzata e mediocre urbanizzazione che si affaccia ai suoi confini occidentali, rendendo ardua non solo un’armonizzazione fra di esse ma anche ogni forma di dialogo estetico e architettonico. La moderna peste di questo luogo non uccide ma desertifica, deforma e inquina la natura.

Come un novello Empedocle, Giuseppe La Colla ha purificato questi luoghi dal brutto che bussa ai loro confini, dando seguito al proprio mandato secondo cui “se la bellezza salverà il mondo, la fotografia le darà una mano”. Nelle sue foto non vi è mai contaminazione, la “peste” è purificata tramite distillazione dei luoghi senza mai però ricorrere a moderni artifizi: i negativi delle sue pellicole ne testimoniano la prospettiva, la coerenza e, infine, la verità. Come dice Robert Heinecken “C’è una grande differenza tra lo scattare una foto e fare una fotografia”: nel caso di La Colla la fotografia non è soltanto “fatta” nel senso artigianale di produzione in “camera oscura” ma è resa nell’accezione di tensione amorosa verso la propria creatura, fino a quando l’immagine non sia ben ancorata alla carta, in una ricerca materica lontana dagli oceani di terabyte della fotografia contemporanea.

 

Protagonisti assoluti di queste foto sono i luoghi di culto, con le loro quinte paesaggistiche che avvolgono la fragile opera dell’uomo in un manto di eternità. I templi qui divengono Imago mundi attraverso cui guardare al mondo greco e al loro portato spirituale ed estetico, conferendogli una simbologia cosmogonica, assi di congiunzione fra cielo e terra, fra angoscia e sacralità di quelle esperienze religiose. Nel discretizzare il continuum spaziale ogni opera monumentale si pone, infatti, come anelito al contatto divino, e l’atto stesso dell’innalzare al cielo un templio può essere visto come il riflesso del potere divino di plasmare il mondo. In questa dimensione, templio è il luogo ordito di culti e di pratiche rituali, volti ad assicurare e ad offrire agli abitanti un orizzonte di protezione divina che divenga immanente alla vita stessa.

In questa mostra fotografica dedicata a Selinunte ci si immerge con immediatezza in un mondo di contrasti, colori e composizioni che denunciano l'intimo contatto fra un mondo interiore che anela la bellezza, la insegue e la genera con voglia potente, disciplinata e armoniosa. Nella singola invenzione plastica, nell’individuale soluzione prospettica, nella parziale ripetizione e successione di motivi e forme, di soggetti e scenari, si aprono reticoli di nessi che connettono il “reale” (qualunque sia il suo significato) con composizioni di luci e ombre, contrasti e saturazioni, che si ancorano alla carta, restituendo così il vero portato della sua opera artistica.

 

Nel magma caleidoscopico della realtà La Colla è in grado di cogliere la radice creativa della forza che si oppone all'entropia o, peggio, alla prostituzione della logica umana all'infernale implosione di un brutto che genera assuefazione, corrompe le menti e indebolisce. I suoi scatti catturano la realtà e la connettono alla creazione artistica creando così una diga che filtra l’irrazionale. Possiamo ben dire che se creazioni del genere sono possibili è anche merito del lascito di un Empedocle tornato sui suoi passi per salvarci da una nuova peste: il brutto.

 Selinunte - Fotografia di Giorgio Sommer -1890 ca

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