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La fotografia dell'indifferenza

Gino Carpi

  

 

   L’immobile indifferenza è il male del mondo. E’ il male delle cose inanimate che perdono il senso della loro presenza, le cose abbandonate dall’uomo e relegate a ruoli di ingombro materiale. E’ il male degli uomini che convivono inerti con una innaturale assenza dei sentimenti, propri invece del genere umano. Quella mancanza di sentimenti di cui oggi se ne percepisce una massiccia presenza che spesso degenera nella violenza, nel disprezzo della condizione e della vita altrui.

Ruderi di cose e di vite umane. Ruderi apparenti e ruderi nascosti, celati nel male dell’indifferenza.

   Lo stesso Papa Francesco, durante l’omelia ai fedeli nella messa della notte di Natale a San Pietro, ha ritenuto prioritario stigmatizzare questa forma di moderna malattia.

 "Non c'è spazio per l'indifferenza, che domina nel cuore di chi non riesce a voler bene, perché ha paura di perdere qualcosa. Dentro una cultura dell'indifferenza, che finisce non di rado per essere spietata, il nostro stile di vita sia invece colmo di pietà, di empatia, di compassione, di misericordia".

   Le fotografie di Candida Luciano precorrono in senso laico questo tema richiamato da Papa Francesco, seguono con perfetto lavoro d’artista i canoni dell’arte il cui ruolo profetico e premonitore ne costituisce uno dei contenuti fondamentali. Nelle opere in mostra i riferimenti iconici non lasciano dubbi sul senso di questo lavoro improntato sulla presenza – assenza  dei sentimenti – azioni, quale concetto sommario, e sullo svuotamento spirituale mostrato attraverso l’immobilità del corpo o dello stesso inserito e percepito nella precarietà dei meccanismi fisici dell’abbandono e della decomposizione strutturale.

   In questo contesto di comunicazione artistica la fotografia assume un ruolo tecnico, strumentale e funzionale al metodo di lavoro. L’uso di materiali diafani come il black-light (il cui significato è un ossimoro – luce nera – ossia luce non luce, conveniente con il tema della mostra) accostato al tessuto bianco ovattato, su cui sono montati alcuni dei pezzi in mostra, enfatizzano il messaggio dell’autore, puntano diritti alla percezione subliminale di un pubblico sensibile, in grado di percepire il grido di allarme, il suono della sirena che prelude all’imminente disastro.

   E’ un uso appropriato e misurato quello che Candida Luciano fa dell’immagine fotografica, un uso sobrio, lontano dalle magnificenze tecniche oggi possibili e in molti casi inutili.

   Il ruolo della fotografia normalmente adoperato a testimonianza inconfutabile dell’esistente,  assume, nel lavoro di Candida Luciano, un ruolo opposto. La fotografia mostra stavolta ciò che non c’è,  mostra  il vuoto e la mancanza,  l’abbandono e  l’indifferenza, l’icona in negativo di un positivo non ancora realizzato.

   Citando il filosofo americano Peter Marshall “Un mondo differente non può essere costruito da persone indifferenti”.

   Le immagini in mostra sono la fotografia dell’invisibile, la narrazione per immagini dei sentimenti dell’artista, una sequenza di fotogrammi che non mostrano ma dimostrano una teoria di sentimenti in un progetto artistico proprio dell’arte concettuale più pura, modulata nel complesso gioco di rimandi simbolici per confluire nell’unicum fotografico di uno scatto.

   E’ il gioco dell’arte ed è il gioco della fotografia nell’estremo tentativo, in questo caso, di salvare il salvabile mentre tutto il mondo intorno sembra voler precipitare nel buio di una primordialità riaffiorante dopo secoli di storia che sembrano, a questo punto, trascorsi invano, senza che abbiano lasciato alcun utile lezione.

   Candida Luciano accende con il suo lavoro una piccola fiammella che per quanto piccola sia è pur sempre in grado di spezzare le tenebre.

 

8 gennaio - 28 febbraio 2016

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