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CAMELIAo

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La scrittura dei sogni

 

di Gino Carpi

 

 

Camelia Mihai, artista free-lance rumena, fa parte della folta schiera di “web artists”. Raccoglie e ricompone le icone della società contemporanea utilizzando gli strumenti propri di quest’era altamente tecnologica, principalmente lo smartphone e il web. Sono questi gli strumenti che usa per narrare moderne favole in cui bambini con indosso magliette “Sisley” , sotto un cielo di  pianeti vaganti, prendono il posto di oramai obsoleti principini e boschi delle fate. Scenari di miti e visioni di una contemporaneità ingombrante, stilemi di una familiare complessità generale a cui Camelia vuole dare un ordine e soprattutto un senso da cogliere nel fantastico universo delle sue storie. 

Il sentimento della società e quindi della storia dell’uomo è prerogativa dell’Arte ed è per questo che dalla   rivoluzione industriale ai nostri giorni gli artisti hanno precorso gli effetti dei mutamenti sociali, li hanno contestati o enfatizzati, combattuto o approvati. Nel corso degli ultimi cento anni gli artisti hanno sperimentato tutti i materiali e tutte le tecniche, avviluppando i concetti sulle forme, in sintonia con il loro tempo fino ai nostri giorni in cui l’immagine, più che la parola scritta, sta per soppiantare del tutto i tradizionali codici di comunicazione. Sono i social network a cui ci si riferisce per sapere, per conoscere e persino per schierarsi politicamente in un mondo virtuale che nonostante le insidie e le contraddizioni,  in un apparente nonsense generale, costituisce l’attuale realtà, incoerentemente virtuale.

Un mondo contemporaneo in cui non possiamo ignorare l'invasione di selfie, di immagini private che mostrano ma non dimostrano a sufficienza l’umana e vera dimensione dei fatti. Vite e storie private, spesso lette con superficialità che trasformano i social network in un archivio di vissuti individuali.

 

In tutto questo continua ad avere un ruolo l'autore professionista, colui che inventa un nuovo sguardo, costruisce un'immagine con competenza, cerca di non ripetere stereotipi ma anzi di decostruire quelli vecchi per darcene, se possibile, di nuovi, più capaci di assolvere al compito di vedere in un modo inedito e di insegnarci a fare lo stesso.

Camelia Mihai adempie a questa missione, in questo contesto di Arte e Web, di “like” e “followers” prende vita il suo lavoro, a partire dalla fotografia (verità) si inoltra in percorsi visivi la cui peculiarità è quella della narrazione e dell’allontanamento dal reale verso sogni che appaiono tangibili perché certificati dal “vero”  fotografico.

Così Camelia costruisce il fantastico e modella le sue idee,  decostruisce e frammenta il reale, ribalta il ruolo originario della fotografia, ne deforma la  dimensione spazio-temporale, a favore dell’oggettività di un nuovo pensiero, di un’idea che prenderà il posto del negativo fotografico o della tela dipinta del pittore. 

Camelia anticipa la nuova arte, quella di un futuro che stiamo già vivendo e di cui, con questa sua prima mostra personale, ce ne offre in anteprima una significativa sequenza. Racconta storie al femminile, rassicuranti simbologie materne legate a romantiche visioni del mondo, inventa diari immaginari, assegna ruoli e situazioni ai personaggi della sua vita, scrive sceneggiature per ogni immagine e finali a sorpresa come non potrebbe fare meglio uno sceneggiatore e come non potrebbe, soprattutto, fare meglio una donna e una madre pienamente consapevole del suo ruolo tra le infinite turbolenze della storia e dell’arte

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